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Mediazione immobiliare: niente provvigione se non si prova l’iscrizione all’albo

L’iscrizione del mediatore all’albo è elemento costitutivo della domanda di pagamento della provvigione e la carenza è rilevabile d’ufficio anche in difetto di specifica contestazione.

Agente immobiliare e iscrizione all’albo: la vicenda

Un agente immobiliare agiva in giudizio nei confronti del proprio cliente domandandone la condanna al pagamento della provvigione in quanto l’affare, a fronte dell’accettazione del venditore, non si era concluso per causa imputabile a questi.

Solo in sede di precisazione delle conclusioni, il cliente instava per il rigetto della domanda attorea stante la carenza di prova dell’iscrizione del mediatore all’Albo Professionale.

La difesa risultava vincente, tanto che il Tribunale rigettava la domanda proprio per tale motivo.

Adita dal mediatore, la Corte di Appello riformava integralmente la sentenza dichiarando che l’eccezione relativa alla mancanza di prova dell’iscrizione all’albo era stata formulata tardivamente, con conseguente inammissibilità.

Il Cliente proponeva ricorso per Cassazione, lamentando tra l’altro la violazione dell’art. 6 L. 03 febbraio 1989, n. 39, ai sensi del quale “hanno diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli“.

La decisione della Cassazione

La Cassazione, con la sentenza n. 4019 del 09/02/2023 (sotto allegata) accoglie il ricorso affermando, preliminarmente, che l’iscrizione del mediatore nel ruolo tenuto presso la Camera di Commercio (oggi, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 26 marzo 2010, n. 59, art. 73, la presentazione della DIA e l’iscrizione nel registro delle imprese / nel REA) è un obbligo derivante da norma di carattere imperativo, in quanto tale inderogabile pattiziamente.

Ne segue che il contratto concluso da soggetto privo del menzionato requisito è affetto da nullità rilevabile ex officio.

D’altra parte, la violazione della norma non solo integra illecito amministrativo ma, per espressa previsione di legge, anche il reato di esercizio abusivo di una professione ex art. 348 cod. pen. (art. 8, co. 2 L. 39/1989).

Sotto il profilo degli oneri istruttori, trattandosi di elemento costitutivo della domanda, l’agente è tenuto a fornire la prova dell’iscrizione con la conseguenza che, in difetto, la domanda dovrà essere rigettata e ciò anche laddove il convenuto non abbia formulato alcuna eccezione in merito, con l’unico limite del giudicato.

La pronuncia qui esaminata, che fa coerente applicazione dei princìpi generali in materia di nullità e norme imperative, nel richiamare l’insegnamento delle Sezioni Unite (n. 761 del 23/01/2002, Rel. Evangelista), esplicitamente afferma che laddove un fatto (nel caso di specie: l’iscrizione del mediatore) è posto da una norma imperativa quale elemento costitutivo del diritto dedotto in giudizio, non trova applicazione il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c.

Proprio su tali premesse, la pronuncia in esame censura i rilievi di Cass., n. 1568/2013 che, al contrario, aveva ritenuto applicabile a fattispecie analoga il principio di non contestazione alla luce del contrapposto onere delle parti di collaborare per determinare il thema decidendum nonché alla luce del principio di economia processuale.

Mutuando le parole della Corte: “delle due l’una: una norma è imperativa o non lo è. Se è imperativa, come sul piano sostanziale non è derogabile dalla volontà delle parti, così sul piano processuale i fatti cui la norma imperativa conferisce rilevanza giuridica non possono essere esclusi dal novero di quelli bisognosi di prova perché non sono stati contestati. E quand’anche – come sembra peraltro preferibile – si fondi il principio di non contestazione non già sul principio dispositivo come proiezione processuale dell’autonomia privata delle parti, bensì sul principio di efficienza (in termini di economia e risparmio di attività processuali), il rispetto di norme imperative non può essere sacrificato sull’altare dell’economia e dell’efficienza processuale. Non può darsi una «violazione efficiente» di norme imperative“.

La conclusione cui perviene la Corte, pertanto, è l’affermazione dell’obbligo del Giudice di verificare, a prescindere dalla circostanza che il convenuto abbia sollevato o meno la relativa eccezione, l’iscrizione del mediatore nel relativo albo professionale.

Deve peraltro segnalarsi che la stessa Sezione II, con la sentenza n. 20556 del 19/07/2021, Rel. Varrone, premettendo che “il ricorrente risulta aver contestato la mancata di prova dell’iscrizione solo con il motivo di appello“, ha affermato che “in materia di mediazione la non contestazione del convenuto costituisce un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che deve astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e deve, perciò, ritenerlo sussistente. Ne consegue che l’eccezione concernente la mancata iscrizione del mediatore nel relativo albo professionale, qualora sia proposta dal convenuto – al fine di far valere la nullità del contratto e paralizzare la pretesa del mediatore al pagamento della provvigione, ex art. 6 della legge 2 febbraio 1989, n. 39 – soltanto nella comparsa conclusionale d’appello, esonera il giudice da qualsiasi verifica probatoria in ordine alla sua fondatezza“.

In conclusione, benché la questione non appare definitivamente risolta, è bene ricordare sempre, quando sia agisce in giudizio al fine di ottenere la condanna al pagamento della provvigione di mediatore, di allegare e documentare tutti gli elementi che attestano il regolare svolgimento dell’attività professionale.

Fonte: https://www.studiocataldi.it/articoli/46482-mediazione-immobiliare-niente-provvigione-se-non-si-prova-l-iscrizione-all-albo.asp
(www.StudioCataldi.it)