L’interversione del possesso, ossia il mutamento della detenzione in possesso, si verifica nelle ipotesi contemplate dall’art. 1141 c.c, l’art. 1164 c.c. disciplina l’interversione ai fini dell’usucapione.
Detenzione, possesso e interversione
La detenzione e il possesso sono due situazioni che vanno tenute ben distinte: mentre la prima è rappresentata dal semplice avere una cosa nella propria materiale disponibilità, il possesso si connota per l’ulteriore caratteristica dell’avere l’intenzione di possedere (animus possidendi) ovverosia del comportarsi come proprietario della cosa (leggi anche: “Distinzione tra possesso e detenzione“).
In alcuni casi, però, anche il semplice detentore può trasformarsi in possessore.
A tal fine non è sufficiente che cambi l’atteggiamento psicologico del detentore, con insorgenza in lui dell’animus possidendi, né che intervenga un fatto esterno qualsiasi a dimostrare il mutato atteggiamento psicologico.
L’interversione del possesso, infatti, è consentita dal nostro ordinamento in due sole ipotesi, contemplate dall’articolo 1141 del codice civile.
In tutti gli altri casi il detentore che si appropria della cosa non è possessore.
Causa proveniente da un terzo
Innanzitutto il mutamento della detenzione in possesso si può avere quando il titolo muta per causa proveniente da un terzo.
Si pensi, ad esempio, al caso in cui si detenga un appartamento a titolo di locazione ma a seguito dell’apertura della successione ereditaria del testatore non proprietario se ne diventi possessore.
A tal proposito si segnala che la Corte di cassazione, con sentenza numero 2599/1997, ha chiarito che per causa proveniente da un terzo deve intendersi “qualsiasi atto di trasferimento del diritto idoneo a legittimare il possesso, indipendentemente dalla perfezione, validità, efficacia dell’atto medesimo, compresa l’ipotesi di acquisto da parte del titolare solo apparente”.
Opposizione del detentore contro il possessore
L’altra ipotesi in cui è consentita l’interversione del possesso è quella in cui il detentore faccia opposizione contro il possessore, vantandosi apertamente di essere proprietario della cosa e facendo constare al possessore in maniera espressa o tacita (mediante il compimento di attività materiali) la sua intenzione di tenere la cosa come propria.
L’esempio di scuola, in tal caso, è quello dell’affittuario di un fondo che non paghi più il canone di affitto, si rifiuti di restituire il bene alla scadenza del contratto e impedisca al proprietario ogni esercizio del proprio diritto.
Interversione: precisazioni della Cassazione
A fornire utili precisazioni sull’interversione del possesso è intervenuta nel corso degli anni la giurisprudenza di legittimità. Di recente ad esempio la Cassazione, con la sentenza n. 24795/2022 ha ribadito che: “l’interversio possessionis può avvenire per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta nei confronti del possessore; il mutamento richiede, in particolare, il compimento di uno o più atti estrinseci dai quali sia possibile desumere la modificata relazione di fatto con la cosa detenuta, attraverso la negazione dell’altrui possesso e l’affermazione del proprio. L’interversione nel possesso non può aver luogo mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore, dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia cessato d’esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui e abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con correlata sostituzione al precedente “animus detinendi” dell’ “animus rem sibi habendi”; tale manifestazione deve essere rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi sia posto in grado di rendersi conto di una concreta opposizione all’esercizio del possesso da parte sua (…) L’interversione della detenzione in possesso può avvenire anche attraverso il compimento di attività materiali, se esse manifestano in modo inequivocabile e riconoscibile dall’avente diritto l’intenzione del detentore di esercitare il potere sulla cosa esclusivamente “nomine proprio”, vantando per sé il diritto corrispondente al possesso in contrapposizione con quello del titolare della cosa. “
A titolo di esempio precisa infine che: “L’edificazione di un fabbricato sul terreno ricevuto in detenzione, espressamente autorizzata dal proprietario del suolo, non costituisce un’attività posta in essere “contro” il possessore, e non può, conseguentemente, essere invocata dal detentore quale atto di “opposizione” idoneo a mutare il titolo del rapporto con la cosa (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27584 del 10/12/2013).”
Interversione del possesso e usucapione
Il codice civile, all’articolo 1164, si sofferma poi sulla disciplina dell’interversione del possesso nei confronti di chi, dopo aver esercitato il possesso corrispondente a un diritto reale su cosa altrui, abbia intenzione di usucapire la proprietà della cosa.
In particolare si stabilisce che tale soggetto non può ottenere l’usucapione a meno che il titolo del suo possesso non sia mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione fatta contro il diritto del proprietario. Si precisa, poi, che il tempo necessario per usucapire la proprietà della cosa decorre dalla data in cui è mutato il titolo del possesso.
Sull’interversione del possesso la Cassazione ha fornito importanti chiarimenti quando l’usucapione riguarda beni in comune. Gli Ermellini nell’ordinanza n. 4939/2022 hanno il pregio di ribadire che “In punto di diritto, e quanto al tema sollecitato dal motivo, concernente l’usucapione di un bene comune, occorre ricordare che secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 5226/2002), sebbene non sia necessaria l’interversione del titolo del possesso (artt. 1102, 1164 e 1411 cc) è sufficiente l’estensione del possesso medesimo in termini di esclusività. Tuttavia, in vista di tale obiettivo non è sufficiente che gli altri partecipanti si siano astenuti dall’uso della cosa, occorrendo altresì che il comproprietario ne abbia goduto in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare una inequivoca volontà di possedere “uti dominus” e non più “uti condominus” (Cass. n. 1783/93, Cass. n. 5687/96, Cass. n. 7075/99).Peraltro, tale inequivoca volontà non può desumersi dal fatto che il comproprietario abbia utilizzato ed amministrato il bene, provvedendo fra l’altro al pagamento delle imposte e alla manutenzione, sussistendo al riguardo la presunzione “juris tantum” che egli abbia agito nella qualità e che abbia anticipato le spese anche relativamente alla quota degli altri comunisti; pertanto colui che invochi l’usucapione ha l’onere di provare che il rapporto materiale con il bene si sia verificato in modo da escludere, con palese manifestazione del volere, gli altri comunisti dalla possibilità di instaurare un analogo rapporto con il bene comune”.
Fonte: https://www.studiocataldi.it/articoli/23213-cos-e-l-interversione-del-possesso.asp
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